Oggi tuttɜ lɜ cittadinɜ italianɜ sono chiamatɜ alle urne, ma in questo momento il diritto di voto è effettivamente un diritto per tuttɜ?
Ci sono ancora tante categorie di persone che si trovano private di questo fondamentale diritto o non possono esercitarlo appieno.
Ci sono tutte le persone che vivono e studiano o lavorano in una regione o città diversa dalla loro città di residenza: assurdo che nel 2022 unə cittadinə residente all’estero, anche per un breve periodo come l’Erasmus, abbia la possibilità di votare per posta, mentre per unə cittadinə residente in un’altra città italiana non è previsto niente!
Italia, Cipro e Malta sono gli unici tre paesi dell’Unione Europea che non garantiscono formule che permettano alle persone fuorisede di votare.
Serve quindi immaginare alternative quali il voto per posta o il voto anticipato, attuate in tantissimi altri paesi del mondo.
Queste non aiuterebbero solo chi dovrebbe votare fuorisede ma anche tutte le persone con problemi di deambulazione o di disabilità o chiunque lavori il giorno del voto.
Un problema altrettanto grave è quello relativo a tutte le persone che, pur vivendo in Italia da tempo, sono senza cittadinanza, per le quali il diritto di voto è solo uno dei tanti diritti negati. Secondo l’attuale legge per la cittadinanza, una persona residente all’estero con unə antenatə cittadinə italianə, senza magari aver più alcun legame col nostro paese, può votare, mentre persone nate o cresciute in Italia non sempre hanno diritto a votare.
Una nuova legge sulla cittadinanza è un’esigenza a prescindere dall’appuntamento elettorale del 25 settembre!
Anche per coloro che avrebbero diritto di voto la situazione non è sempre così semplice: la divisione operata dai seggi nei registri femminili o maschili è una distinzione escludente e violenta per tutte le persone trans non binarie e per le persone trans binarie che non hanno ancora effettuato la modifica dei documenti. Queste persone vengono costrette ogni volta ad un coming out forzato, quando una semplice divisione alfabetica ridurrebbe le persone con cui bisogna fare coming out, e il rilascio di linee guida in cui venga esplicitato a chi sta ai seggi la possibilità che delle persone con un aspetto differente dal genere specificato sulla loro carta di identità si presentino a votare, potrebbe ridurlo del tutto.
Una nuova legge sui procedimenti per il cambio anagrafico delle persone trans e un’educazione che parli di identità di genere, serve, a prescindere dal voto!
Sono ancora escluse tutte quelle persone che hanno il diritto di voto sulla carta, ma non nel pratico per le lunghezze e la confusione della burocrazia, come le persone detenute: non possono votare solo quelle con condanne superiori ai 5 anni o con interdizione dai pubblici uffici, e anche questi limiti sono da mettere in discussione se la giustizia deve essere rieducativa al reinserimento e partecipazione alla società, come in teoria è; nonostante questo le persone che si trovano in carcere e teoricamente possono votare, si trovano spesso fuori dal comune di residenza e devono comunicare con largo anticipo con varie amministrazioni e spesso non sono informate su come esercitare questo diritto. Bisogna semplificare e snellire la burocrazia, informare e garantire alle persone in carcere i propri diritti, tutti i diritti.
Ci sono poi le persone con disabilità mentali che si trovano davanti a schede confusionarie, sistemi elettorali ancora più complessi, rendendo alta la probabilità che il loro voto venga invalidato perché questo tipo di disabilità, al contrario di quelle fisiche e sensoriali, non prevede la possibilità di accompagnamento in cabina. Per le persone con problemi di deambulazione o impossibilità a lasciare l’abitazione è prevista la possibilità del voto a domicilio, ma dopo aver richiesto certificati medici difficili da ottenere. Le schede e le cabine stesse e andrebbero riformate secondo i principi dell’accessibilità fisica e sensoriale.
Infine, ci sono le persone senza fissa dimora, per le quali dovrebbe essere previsto un indirizzo di residenza fittizio, cosa che però esiste in circa 230 comuni su 8000 e che non permette ancora di essere inseritɜ nei registri elettorali.
Chi non può esercitare il diritto di voto, esprimersi sul governo del paese, son spesso le stesse persone che, senza voce, ne subiscono le conseguenze maggiori.
Se “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto” e “Il suo esercizio è dovere civico”, bisogna renderlo possibile per tuttɜ.