Il 14 Novembre incrocerò le braccia. Aderendo allo sciopero sociale, interromperò per un giorno le attività socialmente produttive che, quasi senza alcun tipo di riconoscimento o retribuzione, svolgo ogni giorno. In particolar modo non terrò nel Liceo G.B. Grassi il corso di preparazione alle Olimpiadi di Matematica, nel quale insegno in qualità di esperto a titolo gratuito. Tale corso sarebbe opportuno fosse tenuto da un insegnante o da un esperto retribuito, tuttavia i tagli ai fondi per il MOF costringono studenti ed ex-studenti, oltre che a legittime ed auspicabili forme di mutualismo e solidarietà reciproca, a modalità di volontariato che, di fatto, si sostituisce alle scuole in compiti di loro pertinenza, i quali ad oggi risultano per esse economicamente insostenibili. Ciò svilisce non solo il ruolo delle attività extra-curricolari degli istituti, ridotte ad opere di buona volontà affidate alla generosità di singoli, ma anche gli stessi docenti, i quali si sentono scavalcati nel loro lavoro da volontari di scarsa esperienza o professionalità.
Il 14 Novembre incrocerò le braccia. Protesterò per gli studenti del Liceo G.B. Grassi che frequentano il mio corso i quali, pur meritevoli, rischiano di trovare ancora molti ostacoli per il raggiungimento “dei gradi più alti degli studi” come previsto dalla Costituzione. Sciopererò anche per i loro compagni che, a causa del fallimento dello Stato nel ripianare le diseguaglianze di ordine economico e sociale, rischiano di essere espulsi dalla scuola, incrementando i già elevati livelli di dispersione scolastica. La condizione del diritto allo studio, infatti, nella nostra Regione risulta essere tragica, in quanto l’assessore Aprea, coerentemente con le convinzioni di tutta la Giunta regionale, ha preferito ridurre i fondi destinati agli studenti meno abbienti delle scuole statali per finanziare la libertà di scegliere una scuola paritetica, preferendo arricchire i privati piuttosto che assicurare un diritto costituzionalmente garantito. Il Governo Renzi, inoltre, in controtendenza con quanto effettuato durante il Governo Letta dal ministro Carrozza e dimostrando come il Partito Democratico si stia trasformando in una forza conservatrice, ha ricompreso i fondi per il DSU nel patto di stabilità, mettendo a rischio l’erogazione delle borse di studio rivolte agli studenti universitari e rivelando come non sia intenzione di questo Governo investire in un’Università inclusiva e aperta a tutti.
Il 14 Novembre incrocerò le braccia. Pur amando insegnare, non penso, ad oggi, che l’insegnamento nelle scuole secondarie possa essere la mia professione, tuttavia in un futuro, dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza e tentato qualche esperienza lavorativa, potrei decidere di insegnare diritto ed economia in un istituto tecnico. Se, tuttavia, le linee guida della “Buona Scuola” di Renzi saranno convertite in legge, io non potrò insegnare qualora durante il mio percorso di studio universitario non mi sia iscritto ad una magistrale abilitante. Tale provvedimento avrà sicuramente effetti negativi per le materie tecniche come il diritto, per le quali lo svolgimento di un’attività professionale arricchisce il bagaglio di competenze che possono essere trasmesse agli studenti e la scelta dell’insegnamento risulta quasi sempre successiva agli anni dell’università. Le magistrali abilitanti risulteranno, inoltre, ipoformanti, dato che il loro piano di studio sarà impoverito da molti corsi specifici afferenti alla disciplina, e rischieranno di ridurre le conoscenze dei futuri insegnati nella loro materia. Sarà, poi, molto difficile iscriversi alle magistrali abilitanti, in quanto avranno un numero posti estremamente ridotto e saranno aperte in pochissimi Atenei. Ancora più grave è la scelta, al limite dell’assurdo, del Governo Renzi di non bandire un nuovo ciclo di TFA, impedendo in questo modo l’abilitazione e l’accesso all’insegnamento a tutti coloro che, fintanto che non siano attivate la magistrali abilitanti, stiano frequentando le attuali lauree magistrali.
Il 14 Novembre incrocerò le braccia. Al termine del mio corso di studi vorrei poter scegliere di intraprendere la professione forense. La legge 247 del 2012, riguardante la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, garantisce ancora pochissime tutele per il praticantato e non assicura alcuna forma di retribuzione per i primi 6 mesi dello stesso. La possibilità di anticipare un semestre della pratica forense durante l’ultimo anno, prevista dalla suddetta legge, non risulta essere, inoltre, ancora concessa, poiché il Consiglio Nazionale Forense e la Conferenza dei Presidi e Direttori delle Facoltà, Scuole e Dipartimenti di Giurisprudenza si stanno concedendo ampio tempo per elaborare la necessaria convenzione, ignorando, peraltro, ogni forma di collaborazione con gli studenti. L’unica bozza attualmente presentata, e prontamente ritirata, presenta, peraltro, criteri di merito stringentissimi per accedere a questa opportunità e, pertanto, vi è un forte timore che ciò si trasformi da un’occasione per tutti ad un ulteriore privilegio per pochi.
Il 14 Novembre incrocerò le braccia. In coerenza con le mie passioni e le mie ambizioni, vorrei non terminare la mia attività ci studio e dedicarmi, finita l’università, alla ricerca nell’ambito di mio maggior interesse. Tale progetto, tuttavia, appare nelle condizioni attuali estremamente ostico, se non quasi impossibile. I posti per il dottorato di ricerca, con o senza borsa, sono in costante calo e l’unica concreta alternativa consiste nell’affiancare un professore come assistente senza alcun compenso, spesso con mansioni dequalificate. Il dottorato di ricerca, inoltre, non garantisce la permanenza all’interno del mondo accademico, in quanto solo ad una minima parte di coloro i quali abbiano conseguito un dottorato è affidato un assegno di ricerca o un posto da ricercatore a tempo determinato. Tale situazione è stata, inoltre, ulteriormente aggravata dal Governo Renzi, il quale ha, da un lato, tagliato i fondi a ricerca e sviluppo, dall’altro ha eliminato l’obbligo di bandire un posto da ricercatore di tipo b per ogni posto da professore ordinario, riducendo ulteriormente la possibilità per un giovane di entrare nel mondo universitario.