Con il corteo del 9 Marzo gli studenti di Milano e non solo scenderanno in piazza per ribadire con forza la loro risposta negativa e il loro dissenso rispetto ai progetti di precarizzazione che da anni riguardano questo Paese. Si parla di precarizzazione sotto molteplici aspetti: da quello contrattuale a quello esistenziale, da quello dei beni comuni allo smantellamento del welfare, dall’attacco all’articolo 18 e la rinnegazione del valore del posto fisso, all’aumento delle tasse universitarie e alla totale assenza di copertura delle borse di studio. Sono, questi, tutti segni di un modello aberrante di sviluppo, un modello che fissa come unico parametro l’utile netto, senza badare alla spesa in termine di vita umana. Non importa quanti individui vivranno senza la possibilità di progettare un futuro, o, peggio ancora, di poter fare previsioni sul prossimo mese. Quel che conta è che i meccanismi di produzione abbiano un bacino di forza lavoro sempre più a basso costo, col minimo impegno, che sia l’immensa popolazione di lavoratori precari, gli studenti sottopagati in stage, o i lavoratori in nero, immigrati e non. È così che si aumenta il profitto. È così che si cresce.
È questo il metro di misura per cui, secondo Monti, saremo “modello in Europa”, modello di precariato e disoccupazione, modello di deregulation e privatizzazione dei servizi.
È l’attacco ai beni comuni, ciò che più ci colpisce e spaventa. È la necessità, per il sistema capitalistico, di andare alla ricerca di nuovi spazi da invadere e nuovi beni di cui nutrirsi.
È il tentativo di privatizzare l’acqua, fortunatamente sventato ma non ancora del tutto debellato. È il sottomettere l’ambiente e la salute delle persone a forme energetiche, a dire dei sostenitori, più produttive e redditizie. Poco importa che l’incidenza di tumori aumenti vertiginosamente nelle aree periferiche alle centrali nucleari. È la trasformazione dei consigli di facoltà e di istituto in consigli di amministrazione, simbolo dell’istruzione come aziende e della conoscenza come proprietà. Ed è l’ostinato perseguimento di un modello di trasporto superveloce ma elitario. Non esistono, in Italia, agevolazioni sui treni per gli studenti, ma è sempre più ricca l’offerta per chi può accedere alle classi più alti di viaggio (vedi i nuovi livelli di Trenitalia). E, soprattutto, si riduce a vista d’occhio la possibilità di accedere al trasporto su ferrovia di un’ampia fetta della popolazione, quella che, per andare e tornare da Milano a Napoli, 200 euro non se li può permettere. È la velocità, e quindi l’utile, a tutti i costi. Al costo di espropriare, abbattere, sfigurare un territorio, una valle, un bene comune, una proprietà di tutti, pur di favorire il guadagno di pochi.
La volontà di scavare una montagna per costruirci una ferrovia è il simbolo del progetto di abbattere i diritti fondamentali pur di aprire nuovi mercati.
Ed è anche per questo che il 9 Marzo diremo no all’imposizione del TAV , un progetto che ignora con arroganza il maturo dissenso espresso da un movimento di opposizione, che non è solo antagonismo, come riportano i maggiori media nazionali.
E non è neanche un opposizione indiscriminata a tutto ciò che è progresso. La nostra critica riguarda i metodi. L’imposizione e l’assoluta sordità alla controparte! Il ricorso preliminare alla forza per estinguere una forma di protesta, prescindendo qualunque tentativo di ascolto. Ricordiamo l’immane dispiegamento di forze (i 2000 poliziotti in antisommossa di Maroni) contro un movimento che difendeva il suo territorio. È la più semplice è basilare forma di soppressione di una resistenza, quella di chi difende la propria terra.
Ma è anche una palese incapacità nel sostenere le ragioni di un progetto che di motivazione ne ha una sola. Chi si sta esponendo negli interessi del collegamento ferroviario Torino-Lione si contraddice senza vergogna. Leggiamo in uno dei molti documenti di presentazione disponibili su internet (Quaderno 5 dell’Osservatorio sulla futura linea Torino-Lione, parole di Mario Virano, ndr) che “si tratta di una valutazione sulla base di criteri diversi costruiti con la massima trasparenza” e in cui “ogni soggetto svolge un ruolo chiaro e ogni gruppo è portatore legittimo di interessi”. Parole che si fermano lì, dove sono scritte. Di fatto non percepiamo questa “massima trasparenza” proprio nell’agire dello Stato, che opera a discapito del vero interesse collettivo.

Si parla dei No-Tav come di “un bacino dell’antagonismo” (riprendendo le parole di Manganelli, che ricordiamo essere uno dei “potenti dello Stato”, promosso dopo i fatti di Genova 2001), potenziale sede della riaffermazione di un nuovo terrorismo. Del resto cambiano i tempi ma i modelli sono sempre gli stessi, e in Italia non mancano mai esternazioni di questo genere, volte unicamente ad instaurare un clima di terrore, a criminalizzare i movimenti e a ricordare un periodo troppo buio della nostra storia.

Si parla di attacco ai beni comuni, poiché sono comprovati i danni ambientali ed economici che questo cantiere comporterà su un territorio montano che dovrebbe invece essere valorizzato dal punto di vista agricolo, rurale e paesaggistico. Si parla di attacco ai beni comuni per la concezione di trasporto che si sta diffondendo negli ultimi anni, basata sulle iniziative dei privati e sull’eclissi totale dello Stato Sociale. Il concetto che si palesa nel TAV costituisce in realtà la matrice di fondo di una modalità di azione estremamente diffusa. Si parla di opere inutili ovunque nel territorio italiano (parliamo della Lombardia, per non andare lontano: pedemontana, T.E.M., BreBeMi
Sosteniamo che le politiche sociali e di salute ambientale siano piegate agli interessi dei mercati e della criminalità organizzata, in quanto queste grandi opere pubbliche, oltre a sottrarre risorse (umane, ambientali ed economiche) che dovrebbero essere indirizzate verso il welfare e lo sviluppo sostenibile, costituiscano una modalità estremamente facile di favorire la stabilità delle mafie nel nostro Paese. L’enorme quantità di denaro che viene mobilitata in tali occasioni altro non è che la golosissima possibilità per le mafie di fare un bel bucato ai propri capitali illeciti.
In conseguenza alle riflessioni sopra riportate concludiamo che il TAV sia espressione di arroganza, militarizzazione, autoritarismo, repressione, inganno e antidemocraticità, nonché di disprezzo dei valori umani. In nome delle nostre idee chiediamo l’immediata liberazione dei 26 attivisti arrestati e sbattuti in prima pagina da questa imbarazzante hýbris del potere e dal servilismo della gran parte dei mass-media.
Porteremo queste rivendicazioni in occasione della data dello sciopero generale dei metalmeccanici proclamato dalla FIOM. Un drammatico filo rosso collega queste due piazze, così apparentemente distanti, ma espressione di una stessa lotta. Crediamo nell’unità delle rivendicazioni sociali di questo periodo storico. Non è difficile comprendere che lo stesso falso sviluppo emblematizzato della questione TAV coincide con la stessa regressione che ci si palesa nel campo dei diritti del lavoro quando parliamo di articolo 18, cancellazione della cassa integrazione in deroga, completa assenza delle istituzioni nella della difesa dei diritti dei lavoratori, o più in generale con il processo di totale precarizzazione del mondo del lavoro.
Per questo il 9 Marzo saremo in piazza, come studenti e cittadini attivi, non “portatori di legittimo interesse”, ma sostenitori di giusta posizione, complici e solidali con Niccolò, Maurizio, Marcelo, Lorenzo e gli altri 24 attivisti No-Tav arrestati senza colpa.
Liberi tutti.

STUDENTI MILA-NO TAV