La lotta al precariato dalla formazione al mondo del lavoro

È sempre più evidente che il mondo dell’arte, della cultura e dello spettacolo sia campo di sperimentazione di politiche volte alla precarizzazione dell* lavorat, alla parcellizzazione del lavoro e alla privatizzazione a vantaggio di pochissimi. La “flessibilità”, lo “spirito di adattamento” e la “versatilità” non sono solo attributi richiesti all professionist*, ma caratteristiche intrinseche allo stesso impiego in questi settori: uno, due, tre impieghi non bastano per guadagnarsi da vivere, le tutele e le certezze sono pochissime, il sostegno da parte dello Stato pressoché inesistente.
Viene quasi spontaneo discutere di reddito di sussistenza per queste figure professionali; come ci si mantiene tra una stagione teatrale e l’altra, tra i vari contratti a progetto, durante i periodi di ricerca non retribuita, senza un reddito garantito?

L’altro lato della medaglia è quello dell’alta formazione artistica e culturale, che d’altro canto è sempre più inaccessibile ed escludente, dove il numero di student* a basso reddito è ben sotto il 10% e la tendenza è quella di privilegiare gli istituti privati abbandonando progressivamente a se stessi quelli pubblici, già da anni in forte crisi a causa dell’insufficienza di finanziamenti e del disperato bisogno di una riforma strutturale.
Le accademie, i conservatori e le scuole stanno formando la generazione precaria del domani, che già ora è più povera della generazione precedente: come invertire la rotta?
Come ridare dignità al mondo artistico-culturale e immaginare un nuovo ruolo per l’arte nella società?

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