contributo di Gaia Destefano, Rete della Conoscenza Milano
Lunedì 29 maggio siamo stati alla Casa della Cultura dove si è svolto un incontro molto interessante, moderato dalla giornalista dell’Internazionale Annalisa Camilli, con Loris De Filippi (Presidente di Medici Senza Frontiere) e Pietro Massarotto (Presidente di Naga Onlus).
Tantissimi i temi toccati, considerando ovviamente la vastità della questione migranti. La cosa che ci ha però colpiti di più è stato il passaggio riguardante quella che è stata definita la “crisi della solidarietà” e quello riguardante “la criminalizzazione della povertà”. La manifestazione del 20 maggio in questo senso è stata un momento importante, in quanto, nonostante la chiamata di Majorino sia stata considerata da molti blanda, nonostante come Rete della Conoscenza Milano vi abbiamo partecipato in maniera critica insieme alla rete “Nessuna Persona è Illegale”, siamo consapevoli di quanto la partecipazione di più di 100 mila persone sia stata una prova importante, una possibilità per contarsi, una possibilità per sentirci più uniti quando tutto e tutti sembrano esserci contro. Purtroppo però nell’opinione pubblica l’idea che il migrante sia un criminale è ancora molto forte, e difficilmente saremo in grado di sbugiardarla nei confronti dei cittadini, se non riuscendo a evidenziare quale sia il disegno nel suo complesso e questo incontro a tal proposito ha dato delle risposte davvero interessanti.
Com’è possibile oggi che i cittadini siano per lo più scettici nei confronti di chi si occupa di solidarietà?
“La cosa che fa più male dal mio punto di vista non è la perdita in termini economici delle ong, è la criminalizzazione della solidarietà. È il fatto che in classe di mio figlio ci sia della gente che dice che quelli non devono essere aiutati, che devono stare a casa loro, ragazzini di 12 e 13 anni che sentono dai genitori queste storie, che le ong sono associazioni a delinquere, che hanno degli obiettivi che sono diversi da quelli che dicono di avere e tutto il resto, le associazioni in generale, la solidarietà in generale, il gesto stesso di aiutare una persona in difficoltà, ancora peggio se un immigrato. Questa è una battaglia che va combattuta.” Queste le parole del presidente di Medici Senza Frontiere, parole di chi lotta ogni giorno contro la povertà, contro le disuguaglianze, parole di chi si sta trovando abbandonato da uno Stato che sempre più sta sposando logiche di chiusura nei confronti del fenomeno migratorio.
La risposta che ci stiamo dando di recente è che i nostri cittadini sono stati abbandonati. Sono stati abbandonati in primis dalla politica, in particolare da quei partiti che più avrebbero dovuto tutelarli. La destra, fintamente se si pensa all’attuale questione voucher, si è avvicinata a un popolo abbandonato a sé stesso, sempre più arrabbiato, che è disposto a credere a qualunque cosa, perché quando stai male se qualcuno ti dice che è colpa di qualcun altro ci credi. Ed è proprio qui che nasce quella che è più comunemente nota come “guerra tra poveri”, ponendo soggetti con bisogni simili l’uno contro l’altro, provocando poi tutta una serie di malcontenti, un po’ stereotipati, che già conosciamo. Ma è importante porre l’accento sulla questione cruciale, che persone che scappano da situazioni economiche ancor più svantaggiose delle nostre, persone che scappano da guerre, da condizioni climatiche ormai divenute insostenibili, sono pronte ad accettare lavori e tutele minori rispetto a quelle che sono le nostre abitudini. Ma questa non può essere una loro colpa, la colpa è di chi approfitta di ciò. La colpa è di chi crea la povertà, di chi decide che le ricchezze devono essere messe nelle mani di alcuni. Ma è impossibile per i cittadini italiani, anch’essi in situazioni che definire spiacevoli è un eufemismo, riuscire a empatizzare con i migranti. Anche se la vista di un bimbo trovato morto in riva al mare può ancora provocare tristezza nell’opinione pubblica, tutto ciò non basta. Inoltre coloro che si occupano di solidarietà, senza alcuno scopo di lucro, stanno subendo danni all’immagine, grazie a un’opinione pubblica sempre più restia nei confronti di chi vuole aiutare persone bisognose, perché anche loro si sentono tali.
Entrambi gli invitati all’incontro hanno sottolineato come lo Stato abbia abbandonato sia queste organizzazioni sia i cittadini italiani. Perché è in atto una vera criminalizzazione del migrante, e non solo. Il presidente di Naga Onlus ha sottolineato come non è solo la solidarietà ad essere in pericolo, ma proprio lo stato di diritto. Le disuguaglianze sociali aumentano in tutti paesi occidentali, compresa l’Italia. La società che si sta andando a creare è formata da portatori di diritti di fatto e altri che ne hanno meno. Tutto ciò che sta accadendo è legato all’idea stessa di criminalizzazione della povertà. Il decreto Minniti-Orlando ideologicamente è proprio espressione di ciò. Quei due decreti, uno per il decoro e l’altro nella fattispecie contro i migranti, sono insieme il vero attacco alla povertà. L’approccio securitario di questo decreto, che ha portato le forze dell’ordine, anche indirettamente, a sentirsi più libere di agire per “riportare l’ordine”, non sono altro che un modo di nascondere la polvere sotto al tappeto, perché se la povertà non si vede allora non esiste.
Come parte della rete Nessuna Persona è Illegale, inoltre, il presidente di Naga Onlus ha sottolineato quale sia il contenuto del percorso stesso, cioè cambiare radicalmente le politiche migratorie creando un’accoglienza possibile. Perché le leggi su questo tema, sia quelle europee e ancor di più la Bossi-Fini rendono illegale chiunque. Quindi parlare di legalità riguardo a questo fenomeno è alquanto improbabile, perché la legge è stata creata proprio per questa ragione.
Come Rete della Conoscenza riteniamo che l’unico modello possibile di accoglienza sia un modello che rende accessibile la formazione per tutti e un mondo del lavoro con la tutela dei diritti. Non un modello che faccia arrivare solo “chi se lo merita”, perché la povertà, la sofferenza, le guerre, non le merita nessuno.
Apriamo i confini, apriamo le nostre menti. Un’altra accoglienza è possibile, ci vuole solo la volontà politica di portarla fino in fondo, di creare corridoi umanitari, di non far morire la gente in mare. Ci vuole la volontà politica di non indirizzare la pancia dell’elettorato verso posizioni razziste e xenofobe, ma di guardare ai bisogni reali degli sfruttati.