Dal 1 novembre a Roma e dal 12 a Milano ogni giorno alcune decine di persone si riuniscono in presidio spontaneo permanente davanti a luoghi simbolo della cultura e in particolare del teatro. Qui continuano con tenacia a rivendicare diritti per tutte e tutti coloro che lavorano nel mondo dello spettacolo.
Molti dei partecipanti espongono cartelli che riportano alcuni articoli della Costituzione: il 4, il 33, e, soprattutto, l’articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Chiedono che lo Stato possa loro garantire la dignità.
A Milano, davanti al Piccolo Teatro di Via Rovello, dopo cinque giorni di presidio i passanti hanno cominciato a fermarsi e dialogare coi manifestanti. Le persone hanno espresso e confermato la necessità della vita culturale oggi completamente frenata, che è necessario difendere ora e far presto rivivere.
Il bisogno di vita culturale è sempre esistito, esiste ed è concreto: da molto tempo ormai le rivendicazioni di diritti, dignità e reddito sono all’ordine del giorno per chi lavora in questo settore.
Oltre a tutto ciò che è venuto prima, quest’anno dalla fine di febbraio numerosi appelli e documenti sono stati inviati per aprire un dialogo, una discussione, dei tavoli di confronto con le istituzioni. A lungo il ministero è rimasto in silenzio di fronte a questi tentativi.
Alcuni giorni fa il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Dario Franceschini, ha rilasciato dichiarazioni che evidenziano una scarsa consapevolezza della condizione di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo (qui la lettera scritta a tal proposito dal Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Spettacolo Lombardia).
Come abbiamo già sostenuto, il problema non è solo chiudere o aprire i luoghi di spettacolo e cultura, ma istituire subito UN REDDITO DI CONTINUITA’ per garantire la dignità oltre che la sopravvivenza di ciascuna lavoratrice e ciascun lavoratore dello spettacolo.
Nessuno escluso.
Non solo: serve garantire tutele, sicurezza sul lavoro e protocolli nazionali seri, unificati e chiari per la prossima fase di ripartenza.
Davanti al Piccolo Teatro Grassi, il presidio chiede inoltre una Carte Blanche, come a Roma al teatro Argentina, dove il direttore Corsetti ha aperto un dialogo. Una settimana in cartellone dove artisti, tecnici e maestranze dimenticati dalle istituzioni possano collettivamente organizzare del lavoro (remunerato) in forma non solo di spettacoli, ma anche di conferenze, momenti di formazione, e altre attività che solitamente non caratterizzano il contesto del teatro. L’intenzione è anche di ricordare che laddove i grandi teatri sono riusciti ad accedere ai finanziamenti per l’emergenza, numerose piccole realtà sono rimaste dimenticate, prive di parola e di sostegno economico.
Lunedì 23 si è insediato al Piccolo di Via Rovelli il nuovo direttore, col quale il presidio vuole aprire un dialogo per proporre la Carte Blanche, discutere la situazione di Milano e del teatro italiano in generale, iniziare a condividere i problemi e costruire assieme le possibili soluzioni. La speranza è che sul territorio nazionale i grandi teatri a contributi statali diventino anche dei canali per favorire il dialogo delle istituzioni con le piccole realtà, guardando quindi agli spazi, le compagnie e i singoli lavoratori e lavoratrici rimasti esclusi dai bonus e messi in ginocchio da questa situazione.
Una decisiva inversione di rotta vedrebbe una riforma dell’intero settore dell’arte e della cultura, che possa parallelamente garantire la dignità a chi ci lavora e che ne permetta e stimoli l’accesso anche alle fasce più deboli della popolazione.