Nella galassia di precarietà di Expo 2015 quello della formazione sarà uno dei settori più colpiti dall’ondata di precarizzazione del grande evento: volontari, apprendisti, stagisti e tirocinanti saranno il motore di una metropoli trasformata in una vetrina ad uso e consumo di profitti di pochi. Una città dove studenti e lavoratori vengono pagati con una riga di curriculum, applicando quindi un nuovo tipo di sfruttamento delle esistenze dei soggetti in formazione della città. Gli stage e i tirocini diventeranno vere e proprie forme di lavoro gratuito e non formativo, funzionale all’ulteriore precarizzazione degli studenti e alla costruzione di una metropoli-vetrina dove la conoscenza è merce – per di più non pagata – anziché una risorsa capace di costruire una “città delle persone”, dove l’interesse della comunità viene prima degli interessi di pochi. Il lavoro gratuito è quindi la benzina di questo evento grazie a deroghe ai contratti e alle leggi. La formazione viene svilita a strumento utile solo alle esigenze del mercato; per fare una sintesi gli studenti sono sempre più precari e l’istruzione è sempre meno pubblica e la cultura sempre più elitaria.
Per Expo non sarà una città a cambiare ma un’intera area geografica, che ha come epicentro la metropoli milanese. Si innalzerà il divario tra centro e periferie, devastando e saccheggiando città e campagne. Dalle vie d’acqua, all’utilizzo della Villa Reale di Monza passando per la cementificazione nell’area della fiera possiamo vedere come le istanze dei cittadini non vengano nemmeno prese in considerazione, una commistione tra privato e pubblico che pensa solo ai profitti senza pensare ai bisogni della collettività.
La critica a Expo quindi diventa una lotta generazionale contro lo sfruttamento della nostra terra e delle nostre esistenze, una lotta che deve rivendicare da un lato un reddito di cittadinanza come liberazione dal ricatto della precarietà sia nel lavoro che nella formazione e dall’altro stage e tirocini che garantiscano agli studenti diritti ed una vera formazione non asservita ad interessi privati. Dobbiamo riuscire a coniugare queste rivendicazioni con la pratica dell’alternativa, con attività di mutualismo, solidarietà e progettualità sulle nostre vite e sui nostri territori. Per questo abbiamo partecipato ai NoExpoDays e abbiamo intrapreso con le altre realtà studentesche milanesi il percorso “Saperi contro expo”.
Pretendiamo un’Europa libera dall’austerity, dove i saperi, i diritti e il lavoro siano per tutte e tutti e non per pochi. Vogliamo costruire larghe intese precarie per rispondere nel migliore dei modi alla frammentazione non solo del mercato del lavoro, ma di tutta la società e, in definitiva, delle nostre esistenze. Lo sguardo è rivolto al 17 maggio, data nella quale a Roma si svolgerà una manifestazione nazionale contro austerità e privatizzazioni, e all’11 luglio, data nella quale a Torino si svolgerà il Summit europeo sulla disoccupazione giovanile, il primo del Semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea.
La costruzione di un Semestre sociale di mobilitazione e partecipazione non può infatti che passare per un ribaltamento del vertice, ovvero per un rovesciamento della governance che ha prodotto la crisi e le misure di austerità attraverso una presa di parola collettiva di chi vive ogni giorno la precarietà come dimensione esistenziale, dai soggetti in formazione ai lavoratori dipendenti e autonomi. Costruire l’alternativa al Summit non significa quindi riprodurre una contrapposizione speculare, ma attivare processi di coinvolgimento ampio, di attivazione sociale e di partecipazione democratica.
Il nostro Primo Maggio di lotta vuole parlare al futuro: le nostre vite ci aspettano fuori dalla precarietà e sono tutte da conquistare.